7 ott 2009

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Magri: 'Pallavolo rosa, il nostro patrimonio incredibile'

Bellissime, altissime, azzurrissime. Sono le ragazze dell’Italvolley del ct Massimo Barbolini che, a Katowice e poi nella finale di Lodz, hanno disintegrato la concorrenza (appena 2 set persi in 8 gare) e giocando una pallavolo di un altro pianeta hanno conquistato il secondo titolo Europeo di fila. Continua la saga dello sport italiano salvato dalle donne, ma nel volley ci sono buone speranze per un ritorno in grande stile pure per gli uomini. «Solo la sfortuna a Pechino (in cui le ragazze non andarono oltre i quarti) ha fermato al 4° posto la squadra maschile. Agli appuntamenti che contano i fattori che fanno la differenza sono la grande tecnica alla quale va abbinata altrettanta fortuna». Parola di Carlo Magri, gran capo della pallavolo azzurra - dal 1995 presidente della Fipav - appena atterrato dalla Polonia dove è stato «stregato» dalle ragazze di Barbolini.

Presidente Magri, qualcuno ha detto che queste ragazze hanno giocato come una squadra maschile...
«Ammetto che avendo trascorso una vita al fianco della pallavolo maschile a Parma, ho sempre guardato con un pizzico di “distacco” quella femminile. Ma giocare con la classe di questo gruppo e la forza di una mamma come la nostra Simona Gioli è roba da brividi. Questa è la vittoria di un movimento intero, e se permettete anche della Federazione».

Ancora una volta dopo Pechino, sono le femmine a dare una mano allo sport azzurro. Come se lo spiega?
«Semplice, le donne sono partite in ritardo in molte discipline e adesso stanno raccogliendo i frutti di un lavoro serio e costante nel tempo. È questione anche di approccio psicologico: forse in questo momento le donne nello sport italiano da un punto di vista mentale possiedono una marcia in più».

I buoni risultati sono anche la conseguenza di un ottimo sport di base coltivato nelle scuole?
«La pallavolo da noi negli ultimi cinquant’anni ha fatto cose straordinarie, che vanno molto al di là del fenomeno delle palestre scolastiche che in realtà è “datato”, in quanto risale già agli anni ’60-’70. La crescita di un movimento sta nei tecnici e nel materiale umano a disposizione. E in questo, come si è visto, ciclicamente disponiamo di un patrimonio».

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