Le mani: venticinque centimetri di apertura da pollice a mignolo. Le guardi appoggiate al tavolino del bar, e pensi che la vita di un pallone da volley non dev’essere delle più felici. Francesca Piccinini, schiacciatrice della Nazionale e della Foppapedretti Bergamo, annuisce e ride. In sedici anni di carriera, palloni ne ha schiaffeggiati molti, e dei più se ne sono perse le tracce.Gli ultimi, invece, malmenati nella gara del 5 ottobre contro l’Olanda, le sono valsi un Europeo. Tre a zero secco, medaglia d’oro: la terza del suo pallottoliere personale, dopo quelle conquistate ai Mondiali nel 2002 e in Coppa del mondo nel 2007.
"Avevamo addosso una pressione molto forte, perché i maschi erano appena usciti male dagli Europei in Turchia e il momento, per gli sport di squadra italiani, non era dei migliori. Ma siamo rimaste unite, e ce l’abbiamo fatta".
Lei, con 399 partite in azzurro e sedici anni di carriera, di questa Nazionale e di questo sport è una veterana: una che a quattordici anni sfiorava il metro e ottanta e già diceva la sua in serie A. Per il pubblico del volley, dunque, la "Picci" è questo: un mito. Per gli altri, sensibili alle cronache mondane più che a quelle sportive, è la ragazza bella, bionda e atletica sfuggita al cono d’ombra delle discipline "minori" con un calendario, un’autobiografia e una serie di fidanzati celebri, accostati a lei dalle riviste di gossip.
Una specie di calciatore in versione femminile, insomma. Questo sulla carta. Ma le cose non sono mai come te le immagini, e la ragazza che siede in un caffè di piazza San Babila a Milano, in jeans, t-shirt e coda di cavallo, non ha la ferocia che ti aspetteresti da una di un metro e ottantacinque che di mestiere fa il "martello", e neppure la sfrontatezza di chi vive volentieri sotto i riflettori. Al contrario: Francesca Piccinini ti disarma con la dolcezza involontaria di una bambina.
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