24 feb 2009

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Francesca Piccinini risponde alle domande di Yahoo! Salute

“Mai avuto paura di un medico in vita mia. Neanche da piccola, quando l’ago di una siringa o anche solo la vista di un camice bianco dovrebbe far venire i sudori freddi. Figuriamoci oggi, che ogni due mesi vengo rivoltata sottosopra dal team dei sanitari della mia squadra per le visite di controllo: se temessi qualcosa, non potrei fare questo lavoro…”. Francesca Piccinini, 30 anni appena compiuti, toscana di nascita (a Massa), bergamasca di adozione (negli ultimi dieci anni ha sempre militato nella squadra della città orobica), è forse il simbolo della pallavolo femminile italiana.

Una star del volley con un palmarès da favola (medaglia d’oro ai campionati del mondo, ai mondiali e agli europei con la nazionale, scudetti e champions league con la squadra di club) e un look da calendario: nel 2004 ne realizzò uno per un magazine di salute. E fu un successo, l’ennesimo, dopo tutti quelli collezionati come schiacciatrice nella Foppapedretti di Bergamo. 

Risponde alle domande di Yahoo! Salute mentre è in sala massaggi, in attesa di cominciare l’allenamento. Tutt’intorno il vociare delle compagne di squadra, che arrivano alla spicciolata. 

Ci si deve sentire molto coccolati, sapendo che i propri muscoli sono nelle mani di fior di specialisti...
Più che coccolati, direi protetti, tutelati. Se vuole sapere se mi considero una privilegiata, le rispondo di sì. Anzi, di più: molto fortunata. Poi, però, se mi fermo a riflettere che il mio strumento di lavoro è il corpo, non mi sembra così esagerato che venga trattato nel migliore dei modi, registrato a puntino, curato per fare in modo che risponda sempre al meglio. 

Se ha un problema di salute da privata cittadina, chiede comunque al team medico della sua squadra o fa da sola? 
Ho fiducia cieca negli specialisti che seguono la mia squadra. Ma da tre anni a questa parte, periodicamente scappo dal mio medico preferito: un chiropratico di Firenze, che riesce sempre a darmi quell’“aggiustatina” alla postura, indispensabile per chi fa sport ai miei livelli… 

Domanda secca: meglio un ospedale pubblico o una clinica privata? 
L’importante è il medico: prima, di solito, scelgo lo specialista in base alle capacità. Tutto il resto, luogo dove visita compreso, viene dopo. 

Quanti sacrifici si devono fare, negli stili di vita, per diventare atleti del suo livello? 
Parecchi, inutile nasconderlo. Ma tutto passa in secondo piano quando c’è la passione, unico carburante che ti permette di non sentire nemmeno la fatica e le privazioni più grandi. E poi, quando i sacrifici portano ai risultati che ho ottenuto io nella mia carriera… 

C’è un sacrificio che le è pesato più di altri? 
Se tornassi indietro, vorrei cominciare la pallavolo agonistica più tardi rispetto a quanto ho fatto io: ho avuto la fortuna di debuttare in serie A a soli 14 anni. Ma questo, oltre a darmi un’enorme soddisfazione, ha voluto dire andare via di casa molto presto, proseguire la scuola lontano dalla mia città, non riuscire a godermi, come avrei voluto la mia famiglia, i miei amici, la mia adolescenza. 

Continua a sacrificarsi molto anche oggi che è arrivata al top della carriera? 
Eccome. Se possibile, anche di più: per mantenersi ad alto livello è fondamentale rispettare stili di vita adeguati a un’atleta professionista. 

Ci descriva la sua giornata tipo
Mi sveglio con comodo, intorno alle 8. Poi, di solito, mi alleno 4 ore e mezza al giorno: due al mattino, due e mezza al pomeriggio. 

A che ora va a dormire? 
Intorno a mezzanotte, ogni tanto un po’ prima. Ma se capita di fare tardi con gli amici, meglio se lontano dalle gare, non sono certo io a tirarmi indietro… 

Diete particolari? 
Nulla di trascendentale, quella che credo segua ogni atleta professionista: cerco solo di variare il più possibile, mantenendo l’equilibrio tra tutti i nutrienti necessari all’organismo. 

Esemplifichiamo… 
Per la colazione vado sul classico: yogurt con cereali o latte con biscotti , cappuccino e brioche. A metà mattinata un frutto per spuntino, subito prima dell’allenamento. Pranzo con un piatto di pasta o una bistecca con insalata o pollo. Merenda del pomeriggio con frutta e yogurt, cena con un minestrone e insalata, senza dimenticare le proteine, per esempio con le uova. 

Lo strappo che si concede più spesso? 
Ho un vizio: vado letteralmente matta per la Nutella. Spalmata sul pane, mi fa perdere la testa…
 
Un’abitudine negativa di cui proprio non si riesce a liberare? 
La sigaretta che mi concedo dopo pranzo. 

Fuma? 
Dall’età di vent’anni. Ma non sono mai andata oltre quella sigaretta dopo pranzo. 

Il suo allenatore lo sa? 
Certo. E vorrebbe che evitassi. Ma si rende anche conto che una sigaretta al giorno non significa certo avere il vizio del fumo.

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